Storia dell’Aceto Balsamico di Modena

Aceto Balsamico significa da tempo immemorabile cultura e storia di Modena. Infatti la sua esistenza é dovuta alle particolari caratteristiche pedo climatiche del territorio alle quali si sono aggiunte i saperi, le conoscenze e le competenze del fattore umano che in una mirabile sintesi hanno dato vita a un prodotto esclusivo e distintivo dei territori delle attuali province di Modena e Reggio Emilia (cioè dell’antico Ducato Estense). A Modena sono sempre esistiti diversi tipi di aceto ottenuti col mosto di uva, in relazione allo sviluppo nella storia di diverse ricette, di diversi metodi di preparazione e di invecchiamento, origine di questi  prodotti risale alla tradizione degli antichi Romani. Si ipotizza una nascita casuale del balsamico; probabilmente un certo quantitativo di mosto cotto d'uva, la cosiddetta Saba, il dolcificante utilizzato nella cucina modenese,  fu dimenticato in un vaso casalingo e ritrovato solo dopo un po' di tempo quando già presentava segni di una avviata acetificazione.  E' di un certo Donizone, monaco benedettino vissuto fra l'undicesimo ed il dodicesimo secolo, la prima testimonianza scritta sul balsamico. Nella sua cronaca "Vita Mathildis", racconta come , in occasione di una sosta a Piacenza nell'anno 1046,  Enrico II di Franconia mando' un suo messaggero al marchese Bonifacio di Canossa, padre di Matilde, poiché voleva l'aceto di cui gli era stato raccontato e lodato la bontà. In questo racconto non è menzionata la parola "balsamico"  ma abbiamo comunque la testimonianza di quanto già allora quell'aceto fosse considerato importante al punto di farne dono ad un imperatore che, pur venendo da così lontano, ne conosceva l'esistenza. Il termine Balsamico è relativamente giovane, usato per la prima volta nei registri degli inventari ducali della Reggia Estense di Modena nel 1747 e probabilmente il nome stesso nasceva dall’uso terapeutico che allora se ne faceva. Vari documenti e la tradizione confermano questo aspetto, l'impiego dell'aceto balsamico, in campo medicinale prima e gastronomico poi. Nel 1508  Lucrezia Borgia ne sperimentò le proprietà terapeutiche proprio al momento del parto. Durante la pestilenza del 1630, l'aceto fu usato come difesa contro il contagio e per purificare l'aria dagli odori sgradevoli, preservarsi con abluzioni, gargarismi, utilizzandolo come cordiale, come tonico, contro l'aria infetta lasciandone cadere alcune gocce sulle braci del camino. E diverse sono le prove che testimoniano l'uso del balsamico come rimedio alla peste. Usato anche come rimedio contro lo scorbuto, infiammazioni delle mucose. La tradizione popolare conferisce all'aceto balsamico ulteriori caratteristiche singolari; una sua virtù afrodisiaca, sperimentata da Isabella Gonzaga, e più tardi che anche Giacomo Casanova.
Con la nascita dello Stato Italiano (1860) il risveglio dei mercati ha via via destato sempre più interesse riguardo al Balsamico, sviluppando anche notevoli ricerche storiche e bibliografiche attorno a questo prodotto che, uscendo timidamente dalla segretezza e dalla ritualità delle acetaie, riscuoteva inevitabilmente tanto successo. Nel 1839 il conte Giorgio Gallesio, studioso dell’epoca famoso per la sua imponente opera “La Pomona Italiana”, importante trattato di arboricoltura,  fermatosi in visita presso la residenza dell’amico Conte Salimbeni di Nonantola, per studiare le varietà delle uve e dei vini nel modenese, rimase così colpito e incuriosito dall’Acetaia famigliare dell’amico, che dedicò vari giorni allo studio delle tecniche di produzione. I suoi appunti manoscritti, ritrovati nel 1993 a Washington negli Stati Uniti  ,costituiscono il documento “ tecnico” più antico in cui si descrive il disciplinare di produzione dell’Aceto a Modena. Per primo e contestualmente descrive e classifica gli aceti in 2 categorie: quelli ottenuti da solo mosto cotto e quelli da “mosto fermentato e vin fatto “, definendo il primo come “eccelso”, l’altro come “pure eccellente”. Alla fine dell’800 l’Aceto Balsamico di Modena comincia a comparire nelle più importanti manifestazioni espositive, creando grande interesse non solo sul territorio ma anche a livello internazionale. Diversi documenti testimoniano di aceto fatto col mosto e aceto di vino utilizzando, a volte, metodi abbreviati che prevedevano anche l’utilizzo di spezie . Sempre in quegli anni, hanno inizio le prime attività di ricerca scientifica sui prodotti proposti sul mercato. Nel 1862 l'avvocato modenese Francesco Aggazzotti, esperto cultore, nella  conduzione dell' acetaia in una lettera  descrisse la procedura per la preparazione del balsamico e per i modenesi diventerà il "breviario" per la cura e la conduzione dell'acetaia. Dal punto di vista normativo, risale al 1933 la prima autorizzazione ministeriale a produrre "l'Aceto Balsamico del Modenese". Oltre un trentennio dopo, nel 1965, il D.P.R. n° 162 del 12/02/65 regolante le norme per la repressione delle frodi nella preparazione e commercializzazione di vini, mosti e aceti, fisserà definitivamente le regole relative agli aceti ed agri, e sancirà la ‘legalizzazione’ di speciali denominazioni qualitative per aceti prodotti con tecniche e disciplinari particolari , quali l' "Aceto Balsamico di Modena". Sempre nel 1965 si giunse alla stesura di un disciplinare pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 12 dicembre 1965 relativo alle “Caratteristiche di composizione e modalità di preparazione dell’Aceto Balsamico di Modena” . Nel 1994 i produttori si sono attivati sia per salvaguardarne e migliorarne il disciplinare di produzione sia, soprattutto, per tutelare il corretto uso della denominazione al commercio e al consumo. Questo impegno teso a salvaguardare in primo luogo il rispetto dei codici di comportamento dettati dagli usi locali leali e costanti, è sfociato poi nello standard di produzione custodito dal Consorzio Aceto Balsamico di Modena. Attualmente il Consorzio Aceto Balsamico di Modena è impegnato a conseguire la registrazione quale I.G.P. (Indicazione Geografica Protetta) di questo prestigioso Aceto che per la sua alta reputazione viene fatto spesso oggetto di concorrenza sleale al commercio e al consumo.